Dress to impress

Al secondo tazzone di caffè mi sto facendo coraggio per togliere i calzettoni di lana (a fine giugno??), che ho messo ieri sera per riuscire a poggiare i piedi per terra, dopo essermeli riempiti di vesciche.
Non saranno mica l’ingranaggio contorto e nefasto dell’amministrazione pubblica o la meschinità e l’ingratitudine sempre più diffuse nell’essere umano a finirmi, bensì la mia vanità.

Alla fine, uno è sempre il peggior nemico di se stesso.

La mia vanità potrà, dove neanche le più ardue imprese titaniche ci sono riuscite.
Mi aspetta un mese di luglio e uno di agosto (e se ci penso neanche l’ultimo quadrimestre dell’anno scherza), che farebbero venir voglia a chiunque di nascondere la testa sotto il cuscino e non alzarsi per un mese. A dire il vero ci ho pensato più di una volta, ma poi due esseri neri, pelosi e miagolanti mi riportano bruscamente alla realtà, la loro, tutte le mattine.
Ieri mattina, in vista di una riunione importante con un cliente cui tengo particolarmente, non solo per questioni economiche, ma per preferenze personali (è un museo d’arte), ho deciso di indossare un paio di sandali alti, bianchi e neri, di una nota marca che qui non cito per non fargli pubblicità gratis, regalo di mio padre che davanti al prezzo indecente, aveva sospirato rassegnato. La scelta era d’obbligo, vestito bianco e nero, sandali ideali nonostante una vocina dentro di me diceva: “Indossa un paio di ballerine e poi te li metti prima di arrivare”. Fa caldo, la città, il cemento, e appartenere alla tribù dei piedi dolci (mamma dixit), ha fatto il resto.

La scelta giusta

Ho sopportato stoicamente la pre-riunione, la riunione, una seconda riunione e una terza che distava un paio di km dalla prima, preso il metro, camminato fino a casa e fatto quattro piani e mezzo a piedi. Dopo di che, mi sono messa a fare testamento.
Sono riuscita a contare ventitre vesciche, un record.

In spagnolo (ma anche in italiano) si dice “Dime con quien andas y te diré quien eres”, io ho proposto una versione rivisitata e corretta sostituendo un pronome relativo: “Dime con QUE andas y te diré quien eres”, dimmi con cosa cammini e ti dirò chi sei. Secondo quest’affermazione, io sono un’idiota, e non perché i sandali non fossero fantastici e non mi stessero bene, anzi! Semplicemente perché è veramente poco furbo camminare con delle armi letali ai piedi sotto lo zenit.

Ma anch’io ho le mie debolezze, non si può essere perfetti in tutto. E le scarpe sono una di quelle. Sono riuscita a portarmi un paio di sandali con i tacchi anche quando ho fatto Lara Croft quattro settimane in Costa Rica, nell’eventualità che, a parte scalare vulcani, attraversare foreste, remare per lagune quasi vergini e vedere le tartarughe giganti deporre le uova su spiagge paradisiache, capitasse l’occasione di qualche evento sociale. E così fu: una serata all’opera di San José, tra un canopy e un’escursione in bicicletta per una selva.

Nonostante l’anno scorso durante il mio “ottobre rosso” anticipato a settembre per questioni logistiche, abbia fatto la più grande pulizia della storia, regalando almeno una ventina di paia di scarpe e buttandone altrettante, facendole stare due paia per scatole (nella vana illusione che così sembri che ne abbia meno), continuo ad averne una quantità infinita e una necessità altrettanto infinita di averne di più.

Mio padre quando voleva minacciarmi veramente mi diceva: “Un giorno di questi monto un banco al mercato e vendo tutte le tue scarpe, così divento ricco!!” È sempre stato un vecchio saggio.
Freud saprebbe darmi una spiegazione logica a questa mania. Poi però dovrebbe darmene un’altra per i vestiti, le borse, i libri, le foto, i portachiavi a forma di cuore, i fiori nel porta vaso in macchina, chiamare una pianta Elisabeth Taylor e un lungo eccetera.

Come dice il titolo del mio post: dress to impress. Vestire per impressionare e tutto ciò che questo comporta (leggasi vesciche).
Una riflessione dedicata all’autocritica e alle piccole idiosincrasie che sicuramente fanno impazzire i miei cari.

Ho pensato, dopo aver visto sui miei social network e non, un diffondersi (sarà dovuto al caldo), sempre più frequente di sputasentenze, di guru improvvisati in moda, classe, cultura, che criticano tutto e tutti, che forse, è meglio farsi un’autoanalisi prima di guardare gli altri.

Può darsi che non ci piacciano le persone tatuate, quelle che vogliono sembrare giovani e si vestono come ventenni, nonostante i sessanta o quasi, quelli che non sanno che dopo una certa età è bene non usare chiome troppo fluenti tipo Pocahontas, quelli che pensano che la parolaccia faccia figo, quelli che si fingono esperti in tutto, quelli che non sanno che truccarsi come una cocotte non giova neanche quando hai quindici anni, che usare la matita (sbavando e non riempiendo gli spazi in mezzo), per far sembrare le labbra un canotto di sexy hanno quanto un uomo nudo in calzini bianchi, o quelle che si truccano gli occhi alla Cleopatra con tanto kajal che finiscono per sembrare un procione (orsetto lavatoio?), e non si rendono conto che quello stile andava di moda appunto, all’epoca di Cleopatra…. E potrei seguire, ma poi, a cosa serve? Siamo tutti bravi a giudicare gli altri. E noi stessi? Che ognuno faccia quello che vuole, il mondo è bello perché è vario, anzi è bello perché possiamo permetterci di fare quello che vogliamo: giocare ai personaggi che vorremmo emulare o essere semplicemente noi stessi, e se a qualcuno non piace, ha solo da non guardare.

A presto,

Silvia

 

2 comentarios en “Dress to impress

  1. Rosanna

    Cara Silvia,

    quello che di ci è assolutamente vero !
    Quante volte ci siamo ritrovate ( tutte noi donne ) in situazioni simili.
    Mi è sempre piaciuto il tuo modo di scrivere e mi piacciono i tuoi racconti, e a proposito di questo ti chiedo :
    hai mai pensato di scrivere un libro?

    Aspetto con ansia un tuo prossimo racconto e magari, perchè no, un tuo libro da inserire nella mia libreria.

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    1. Silvia

      Grazie cara. Se hai voglia di leggermi su questo blog ce ne sono un po’ di «desvaríos» dei miei…. 🙂 Sì, ho pensato e sto scrivendo varie cose, una collezione di racconti, un libro, una raccolta di dialoghi improbabili ecc. Mi manca tempo ed energia, ma prima o poi ce la farò a pubblicare qualcosa di carino.

      Responder

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