Il Rubik di Silvia

Ci sono giorni in cui uno si sveglia sentendosi come un cubo di Rubik: cercando di far coincidere i colori su ogni faccia del cubo.

Per chi non se lo ricorda, è un celebre rompicapo, inventato dal professore di architettura e scultore ungherese Ernö Rubik nel 1974. Chiamato originariamente Magic Cube (Cubo magico) dal suo inventore, il rompicapo fu rinominato in Rubik’s Cube (Cubo di Rubik). È il giocattolo più venduto della storia, con circa 300 milioni di pezzi venduti, considerando anche le imitazioni.

Il Cubo di Rubik presenta 9 quadrati su ognuna delle sue 6 facce, per un totale di 54 quadrati. Solitamente i quadrati differiscono tra loro per il colore, con un totale di 6 colori differenti. Quando il Cubo di Rubik è risolto, ogni faccia ha tutti i nove quadrati dello stesso colore.

Come dicevo all’inizio di questo post, ci sono giorni in cui uno si sveglia sentendosi un cubo di Rubik irrisolto, si guarda dentro e vede un miscuglio di verde (speranza), giallo (pazzia), rosso (passione), bianco (purezza), blu (calma) e arancione (creatività). La voglia e la smania di far andare tutti i colori al loro posto in solo 6 minuti come alcuni geni fanno, ti prendono la mente e ti chiedi: “Com’è possibile che ci sia gente a questo mondo che lo fa tutto bene, anzi in modo eccellente, e sia sempre perfettamente ordinato con i suoi colori e le sue emozioni tutte belle allineate e al loro posto?”

Il mio cubo di Rubik, per non parlare del mio percorso di vita, è assolutamente mescolato, disordinato, ingarbugliato. Ogni tanto riesco a mettere in fila qualche colore, mi entusiasmo e cerco di metterli tutti in ordine e di risolvere così il rebus della mia vita, ma immancabilmente scombino tutto e quel poco che era stato risolto ritorna al suo stato naturale: il caos.

Dopo un po’ ci si abitua, al caos – dico. Forse nel mio caso, sarebbe sicuramente monotono e poco creativo avere sempre tutto in ordine e risolto. Dal miscuglio, dal caos nascono sempre soluzioni brillanti, storie fantastiche – mi ripeto.

Mi ci abituo meno, invece, ad avere il Rubik irrisolto, forse perché è la rappresentazione grafica della mia vita: viverla non è la stessa cosa che contemplarla. Il caos lo vivi, te ne fai una ragione e impari a zigzagare tra un colore e un altro, tra un’emozione e un’altra, tra un problema e un altro, ma la contemplazione statica, la riflessione sul come e il perché mi procura un certo fastidio. Fastidio che ho risolto nella seguente maniera: il Rubik col caffè.

Guardate la foto!

Rubik al caffé

Rubik al caffé

In questo modo non importa se i colori si ribellano alla mia ansia di ordine, così come le mie emozioni si ribellano a essere ingabbiate, ordinate in bella fila: su ogni faccia del mio Rubik, così come in ogni circostanza, problema, evento della mia vita, c’è sempre una bella tazza di caffè bollente ad aspettarmi.

Silvia.

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